Quali pesci pigliare?

Il pesce sulle nostre tavole: cosa sappiamo, cosa ci neghiamo di sapere e cosa dovremmo fare. Una miniguida al pesce giustoCosa sta dietro al pesce che acquistiamo e che mangiamo? Quali impatto ambientale e sociale ha avuto il mangiare l’roata al forno a dicembre? Perchè è consigliabile non comprare il salmone o il tonno rosso?

Riportiamo qui sotto alcuni testi dal sito di Slow Fish che ci serviranno per rispondere a queste domande oltre che capire, informarci e agire…

“Negli ultimi trent’anni il consumo di pesce è raddoppiato.

Molteplici le cause: aumento della popolazione mondiale, economie di scala realizzate dalla pesca industriale (economie che non tengono in considerazione i costi ambientali e sociali) che permettono un più ampio accesso a quest’alimento, incremento del potere d’acquisto nei paesi emergenti, maggior consapevolezza dell’apporto nutrizionale del pesce. Di fronte alla crescente domanda e in seguito ai prodigiosi progressi tecnologici del settore, la pesca si è trasformata in una colossale industria mondiale che, sebbene non conti più di qualche migliaio di navi-industrie, è in grado di modificare radicalmente l’equilibrio naturale degli ecosistemi marini, privando la natura della capacità di rinnovare le proprie risorse.

Rispetto alla scala del pianeta, sono in funzione il doppio dei pescherecci rispetto a quelli che consentirebbero uno sviluppo sostenibile e armonioso del settore. Alcuni di questi pescherecci sono vere e proprie industrie in mare aperto. Utilizzano sonar, aerei e piattaforme satellitari per individuare i banchi di pesce, su cui si calano poi con reti derivanti lunghe parecchie chilometri o lenze dotate di migliaia di ami. Sono in grado di trattare i pesci pescati, congelarli e imballarli. I pescherecci più grandi, che arrivano a 170 m di lunghezza, hanno una capacità di stoccaggio in mare equivalente a diversi Boeing 747. Le navi più grosse e più lontane dalla pesca sostenibile sono quelle dell’ex-Urss, in particolare della Federazione Russa e dell’Ucraina, quelle che navigano sotto bandiere ombra come Belize o Panama, o ancora le navi pirata senza bandiera registrata, molte delle quali provengono dalle flotte della Federazione Russa, del Giappone, del Belize, di Panama e dell’Honduras. (qui un approfondimento sulle tecniche di pesca distruttuve)

Le conseguenze sulla biodiversità marina sono evidenti: se la gestione della pesca non cambierà radicalmente, la diversità marina subirà un considerevole impoverimento, che, d’altronde, è già cominciato. Da non dimenticare che il “saccheggio” industriale dei mari minaccia direttamente le zone di pesca artigianale delle comunità costiere, fortemente dipendenti dalle risorse ittiche.

Gli organismi internazionali e regionali non riescono a limitare la capacità e l’intensità della pesca mondiale. La debolezza delle istituzioni è lampante: la pratica della pesca pirata, ormai endemica, ne è una triste riprova.

Sarà impossibile invertire la tendenza, se non si ridurrà in maniera drastica l’intensità della pesca, mettendo un fermo a gran parte della flotta mondiale, e se non si introdurrà il principio di precauzione nelle norme che disciplinano questa attività. Un Codice di Condotta per una Pesca Responsabile, stabilito dalla FAO, esiste, ma manca la volontà politica per applicarlo, circostanza sempre più difficile da comprendere, dato che le imprese del settore falliscono a un ritmo incessante, mentre il pescato continua a diminuire.”

Un esempio di ciò che sta accadendo riguardo allo sfruttamento dei lavoratori negli allegvamenti di gamberetti che tanto ci piacciono in salsa rosa?

“Veri e propri schiavi: costretti a lavorare per anni senza paga sotto la minaccia della violenza. E’ così che vengono allevati e raccolti scampi e gamberetti in Asia, quelli che poi arrivano anche nelle grandi catena americane ed europee. Dopo l’inchiesta choc del Guardian le grandi catene sono in imbarazzo.”

articolo completo su Il cambiamento

Cosa fare?

La filosofia Slow Food si basa sulla difesa di un piacere del palato quotidiano e per tutti, che vada di pari passo con il recupero dei legami che da sempre uniscono pianeta, persone e piatto. Per dare concretezza a questa filosofia, Slow Food ha sviluppato un concetto di qualità alimentare declinato in funzione di tre criteri fondamentali e interdipendenti, sintetizzati dal motto buono, pulito e giusto.

Buono: alimenti freschi, gustosi e di stagione, che soddisfino i sensi e si riallaccino alla nostra cultura e identità locale.

Pulito: metodi di produzione rispettosi dell’ambiente e della salute umana.

Giusto: prezzi accessibili per i consumatori, ma anche guadagni equi per i piccoli produttori, che garantiscano condizioni di lavoro e di vita dignitose.

Quali pesci prendere? Magiamoli giusti è una miniguida di Slow Fish da consultare se si è interessati ad un consumo critico del pesce. Disponibile anche una versione ludica per i più piccini: Lisca della spesa