Lupo mangia frutta vuole…ciliegie del Cile

Quale impatto ambientale ha il nostro consumo di frutta?

Ogni pasto percorre mediamente quasi duemila chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole a causa della distribuzione commerciale dei prodotti alimentari, con i lunghi trasporti e le inefficienze di natura logistica, che sono tra le principali responsabili su scala globale dell’emissione di gas a effetto serra.

Se fino a qualche tempo fa l’unica frutta esotica che si poteva trovare sporadicamente sulle nostre tavole poteva essere un pompelmo, un ananas o, al massimo, una noce di cocco, attualmente frutti tropicali più variegati hanno conquistato sempre più un posto stabile tra le nostre preferenze. Vengono importati direttamente dai luoghi di produzione e si distinguono per le forme  originali, i colori sgargianti, i profumi fortemente aromatici ed i sapori inebrianti. Il consumo di ananas, per esempio, è raddoppiato mentre si è quasi dimezzato quello delle pesche negli ultimi dieci anni, con le banane che sono addirittura diventate il terzo frutto più consumato dagli italiani dopo mele e arance. La frutta straniera rappresenta oggi ben il 15% di quella consumata nonostante l’Italia sia il primo produttore di frutta e verdura in Europa. Accanto all’arrivo di frutta ”esotica” negli ultimi dieci anni si è anche assistito ad una crescita degli sbarchi di quella straniera “contro” stagione.

Il rapporto di Coldiretti  “Lavorare e vivere green in Italia” ,elaborato in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente  proclamata dall’Onu, individua la top ten dei cibi che inquinano di più.

top ten

“Nella lista dei prodotti a rischio ci sono anche le rose dell’Ecuador per le quali – sottolinea la Coldiretti – sono state denunciate anche situazioni di sfruttamento del lavoro, condizioni a rischio per la salute, messa in pericolo dai numerosi prodotti chimici con cui sono trattati i fiori e la mancanza di tutele sindacali. Nell’elenco ci sono anche le more del Messico i cocomeri del Brasile, i meloni di Guadalupe, i melograni da Israele e i fagiolini dall’Egitto  che arrivano sulle tavole a causa della cattiva abitudine di consumare fuori stagione alimenti di cui – continua la Coldiretti – è ricca anche l’Italia. E’ stato calcolato che – sottolinea la Coldiretti – un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l’emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall’Argentina deve volare per piu’ di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica e gli asparagi dal Perù viaggiano per oltre 10mila km, bruciando 6,3 chili di petrolio e liberando 19,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei. Secondo la Coldiretti consumando prodotti locali, di stagione e a chilometri zero e facendo attenzione agli imballaggi, una famiglia può arrivare ad abbattere fino a mille chili di anidride carbonica l’anno. “Fare la spesa con attenzione all’ambiente significa anche impegnarsi per il territorio, la cultura, le tradizioni ed i prodotti che rendono il Made in Italy unico e competitivo nel mondo e quindi sostenere l’economia e il lavoro in Italia in un difficile momento di crisi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.” dal sito www.coldiretti.it

Se si volesse approfondire il tema dell’impatto ambientale del nostro cibo, consigliamo di guardare la puntata “BUON APPETITO” del programma televisivo Report andata in onda il 13/04/2008. Un po’ datata, ma sicuramente ancora di grande attualità…